L’Unione Europea è sempre più importante e presente nella vita delle imprese italiane non solo con comunicati, sanzioni o direttive, ma anche attraverso famosi e ambiti fondi europei, che danno alle imprese molte e interessanti opportunità, scopriamo di più sulla cosiddetta europrogettazione.

Parlando di europrogettazione, quindi di fondi europei, è essenziale tenere a mente che si dividono in due categorie: fondi diretti e indiretti. Ciascuno dei due tipi dà diritto a differenti vantaggi ed è quindi fondamentale imparare a conoscereli.

Fondi di finanziamento diretti

Iniziamo coi fondi diretti. Sono gestiti dalle Direzioni generali della Commissione Europea o da Agenzie Nazionali e si dividono in due categorie: fondi tematici o comunitari e strumenti per l’assistenza esterna.

Ogni anno la Commissione Europea pubblica sul suo sito e sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, i bandi di gara sulla base dei quali i candidati devono presentare, entro un termine determinato, una proposta di progetto per spese ancora non sostenute che corrisponda agli obiettivi perseguiti e soddisfi le condizioni richieste dal bando.

Una caratteristica, forse la principale, di questi finanziamenti è la necessaria creazione di una partnership transnazionale tra società o enti di almeno due stati membri dell’UE. Un’altra caratteristica da tenere a mente è che i fondi diretti non finanziano quasi mai la totalità dei costi di progetto, ma coprono una forbice che va dal 50% all’80% della spesa totale, indi per cui le aziende che richiedono l’accesso ai finanziamenti diretti devono avere la capacità economica che permetterà loro di sostenere le spese proposte eccedenti l’ammontare del fondo.

L’erogazione dei fondi avviene in due modi:

1- Sovvenzioni: contributi pensati per specifici progetti legati alle politiche dell’UE;

2- Appalti: conclusi da istituzioni comunitarie per l’acquisto di servizi, beni e opere per le loro attività, per esempio i corsi di formazione.

Fra i tanti programmi comunitari quelli più noti sono: Horizon 2020, Cosme, Life, Creative Europe.

Fondi di finanziamento indiretti

Sono i Fondi SIE, ovvero fondi strutturali e di investimento e benché siano finanziati dalla Commissione Europea sono gestiti dalle autorità nazionali e a seconda del tipo di autorità che li gestisce parleremo di PON (gestione ministeriale) o di POR (gestione regionale).

Questi fondi hanno l’obiettivo di ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali fra le regioni europee e sono erogati sotto forma di contributi a fondo perduto (i cosiddetti Voucher), finanziamenti agevolati, strumenti di garanzia del credito, sgravi fiscali, sgravi contributivi e interventi nel capitale di rischio.

I fondi indiretti sono cofinanziati dal Governo italiano, questo cofinanziamento fa sì che le risorse per le imprese, gli aspiranti imprenditori e gli enti, per il settennato 2014-2020, ammontino a circa 132.9 miliardi di euro (come riportato dal portale del Dipartimento delle Politiche di Coesione).

Gli avvisi pubblici sono emanati dalle finanziarie regionali e dagli altri enti eroganti e mirano sia allo sviluppo dell’imprenditorialità, sia allo sviluppo di iniziative esistenti per PMI e start up innovative.

Dal 2017 anche liberi professionisti e titolari di ditte individuali sono stati ammessi a presentare domanda per richiedere queste agevolazioni.

I fondi di finanziamento indiretti sono 5:

1- Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR)

2- Fondo Sociale Europeo (FSE)

3- Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR)

4- Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP)

5- Fondo di Coesione (FC)

Il nostro paese ha accesso ai primi quattro, mentre al Fondo di Coesione hanno accesso esclusivamente i paesi con un reddito nazionale lordo molto basso ovvero Malta, Portogallo, Grecia, le repubbliche baltiche e i paesi dell’Est.

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Dopo aver visto la differenza che corre tra contributi a fondo perduto e finanziamenti, è doveroso affrontare il tema dei contributi in modo più dettagliato poiché le tipologie sono parecchie e le differenze che intercorrono tra l’uno e l’altro tipo modificano radicalmente la tipologia di impresa che ne può far richiesta e l’obiettivo del bando.

Ricordiamo che un contributo a fondo perduto prevede che la somma erogata sia già stata spesa dall’impresa che ne fa richiesta e che tale somma non dovrà essere restituita all’ente erogatore.

5 categorie

Di seguito analizziamo brevemente le 5 categorie di contributo a fondo perduto:

1- contributo in conto capitale

È stato pensato per l’incremento dei mezzi patrimoniali dell’impresa, non è richiesta una garanzia tranne quando è prevista l’erogazione di un anticipo.

2- contributo in conto impianti

Ha come obiettivo la riduzione del costo di acquisto di beni ammortizzabili ed è pensato per incentivare gli investimenti. Sotto forma di quote di ammortamento, concorre alla formazione del reddito di esercizio nella medesima misura del costo del bene ammortizzabile.

3- contributo in conto esercizio

È erogato all’impresa come sostegno ai costi di gestione (personale, pubblicità, utenze, locazioni ecc.), sostenuti all’interno di uno specifico progetto o durante particolari momenti della vita dell’impresa (per esempio la fase di start up). Questa tipologia di contributo è erogata allo scopo di integrare i ricavi dell’azienda o ridurne i costi di esercizio pertanto, dev’essere considerata come ricavi.

4- contributo in conto interessi

Questo tipo di contributo è dato a fronte della stipula di un contratto di finanziamento, di solito a medio-lungo termine, erogato direttamente dall’ente finanziatore e ha lo scopo di ridurre il costo del tasso di interesse applicato al finanziamento stipulato dall’impresa beneficiaria, che sceglie la banca tra quelle convenzionate con l’ente erogatore. Sottolineiamo che questo tipo di contributo può essere richiesto anche per il ripristino della liquidità aziendale.

5- contributo in conto canoni

È pensato per favorire l’abbattimento degli oneri di esercizio e ha le medesime caratteristiche del contributo in conto interessi con la differenza che è erogato a fronte della stipula di un contratto di locazione finanziaria, ovvero di un leasing.

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Un mondo a sé è caratterizzato da quelle realtà imprenditoriali che rientrano nella categoria delle cosiddette start up innovative, di cui si sente parlare sempre più spesso. Ecco qualche elemento che aiuta a identificarle.

6 requisiti

Le start up innovative sono identificate dall’articolo 25, comma 2, del DL n. 179/2012. Per essere tali devono rispettare determinati requisiti che potete trovare di seguito:

1- essere state costituite e svolgere attività imprenditoriale da non più di 60 mesi;

2- avere sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo, purché con una sede produttiva o una filiale in Italia;

3- avere, dal secondo anno di attività, meno di 5 milioni di euro annui di fatturato;

4- non distribuire e non aver distribuito utili;

5- avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;

6- la costituzione non deve essere avvenuta né a seguito di fusione o scissione societaria né a causa di cessione d’azienda o di ramo d’azienda.

3 condizioni

Vi sono poi tre condizioni che, dove ve ne sia almeno una, fanno sì che si possa parlare di start up innovativa:

1- le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione;

2- non meno di 1/3 del personale assunto deve avere ottenuto o essere in procinto di ottenere un dottorato
deve essere laureato, ma con un’attività di ricerca certificata nell’ultimo triennio;

3- essere titolare, depositaria o licenziataria di almeno una privativa relativa a un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale.

I vantaggi

Quando sono rispettati i sei requisiti e almeno una delle tre condizioni di cui sopra, ci si trova di fronte a una start up innovativa che gode anche di parecchi vantaggi, non solo fiscali, che, per semplicità, elenchiamo di seguito:

1- esonero dai diritti camerali e dalle imposte di bollo;

2- assunzione di personale a tempo determinato da 6 a 36 mesi;

3- piani di stock-option;

4- incentivi fiscali per le persone fisiche che investono nelle start up;

5- Equity crowdfunding;

6- accesso gratuito al Fondo di Garanzia per PMI;

7- Fail-fast nel caso in cui la start up vada male.

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“De minimis non curat prætor”

Il Regime De Minimis trae il suo nome da questa sentenza latina che significa “Il pretore non si occupa delle cose piccolissime”. De minimis proprio perché parliamo di quegli aiuti di stato considerati di entità minima e che quindi non vanno ad alterare la situazione di un determinato settore.

Si parla effettivamente di cifre molto piccole, che lo stato o un ente statale possono erogare a una singola impresa senza dover attendere il placet della Commissione europea in deroga alle regole sugli aiuti di Stato stabilite dall’UE.

Gli aiuti in regime De Minimis possono essere erogati a qualsiasi tipo di impresa unica, ma in differenti entità a seconda del settore di appartenenza a eccezione dei seguenti:

200.000 euro negli ultimi tre esercizi finanziari per impresa;
100.000 euro nel settore del trasporto di merci su strada per conto terzi, da cui è escluso l’acquisto di veicoli;
30.000 euro nel settore della pesca e dell’acquacoltura;
15.000 euro nel settore agricolo;
500.000 euro per le imprese che forniscono servizi di interesse economico generale “SIEG” – attività soggette ad obblighi specifici di servizio pubblico perché considerate di interesse generale dalla autorità pubbliche.

Come abbiamo appena visto, oltre all’entità dell’aiuto, due sono i concetti fondamentali che entrano in gioco quando parliamo di finanziamenti in regime De Minimis:

1- esercizio finanziario;

2- impresa unica.

Esercizio finanziario

È questo un concetto essenziale per capire se un’impresa può richiedere un’agevolazione in regime De Minimis, fino a poco tempo fa si calcolava il totale degli aiuti ricevuti in De Minimis negli ultimi 36 mesi, ora invece bisogna prendere in considerazione il totale ricevuto negli ultimi tre esercizi finanziari, ovvero l’attuale più i due precedenti.

È quindi indispensabile prestare molta attenzione a questo concetto, poiché nel caso in cui un’agevolazione in De Minimis dovesse eccedere la quota massima prevista per quel triennio non si otterrà l’aiuto nemmeno per la porzione ancora a disposizione dell’azienda.

Impresa Unica

È un concetto introdotto dall’Unione Europea ed è fondamentale per ottenere eventuali finanziamenti in regime De Minimis.

Nello specifico, per impresa unica, si intende l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle seguenti relazioni:

1- un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra;

2- un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;

3- un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra in virtù di un contratto concluso con quest’ultima
in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;

4- un’impresa azionista o socia di un’altra controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima.

Quindi per ottenere degli aiuti in De Minimis è indispensabile calcolare il totale dei contributi ricevuti in quel regime negli ultimi tre esercizi finanziari, non solo da parte dall’azienda che ne fa richiesta, ma anche dall’insieme delle aziende a essa collegate, ovvero dall’impresa unica.

Recentemente è stato creato e messo online il Registro Nazionale degli Aiuti di Stato dove è possibile recuperare i dati relativi agli aiuti ricevuti a partire dal 1° luglio 2017.

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Contributi a fondo perduto vs. Finanziamenti agevolati: quando parliamo di finanza agevolata trattiamo un tema che, all’atto pratico, riguarda da vicino, anzi da molto vicino, diverse realtà dal libero professionista alle medie imprese. Essere in grado di accedere a piani di finanza agevolata è molto importante per poter programmare al meglio gli investimenti e quindi lo stesso business plan aziendale.

Cos’è la finanza agevolata?

Proviamo a dare una definizione di massima: è una fonte di finanziamento stanziata dal legislatore che punta a dotare le imprese di strumenti a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato, al fine di aiutare e sostenere lo sviluppo di nuovi progetti, la realizzazione di investimenti, l’acquisto di cespiti o l’assunzione di nuovo personale.

Le imprese che possono accedere a questi strumenti sono soprattutto le cosiddette MPMI (Micro e Piccole Medie Imprese), quindi dal libero professionista in su, ovviamente rispettando i criteri e i tempi stabiliti dai bandi.

La finanza agevolata in 5 punti

I cinque punti fondamentali che è essenziale conoscere e tenere sempre a mente si parla di finanza agevolata sono:
1- la tipologia del contributo;
2- il tipo di beneficiario;
3- il codice ATECO;
4- le spese ammissibili;
5- il regime “De Minimis”.

La tipologia del contributo

È probabilmente il punto più articolato, poiché si ripartisce in ulteriori cinque parti:
1- i contributi a fondo perduto
2- i finanziamenti agevolati
3- le garanzia del credito
4- gli sgravi fiscali e contributivi
5- gli strumenti di intervento nel capitale di rischio Contributo vs. Finanziamento

Ciò su cui oggi vogliamo puntare il nostro focus è la differenza tra Contributi a fondo perduto e Finanziamenti agevolati, perché molto spesso troviamo clienti che confondono i due concetti.

Un contributo a fondo perduto è erogato a fronte di una spesa già sostenuta: se si è beneficiari di un contributo a fondo perduto di 30.000 euro si riceverà la somma solo dopo aver già sostenuto e rendicontato la spesa corrispondente (ovviamente sulla somma non si dovranno calcolare gli interessi).

Per contro, un finanziamento agevolato è erogato anticipatamente e dovrà essere restituito in rate costanti comprensive degli interessi secondo un piano prestabilito: quindi se si è beneficiari di un finanziamento agevolato per esempio di 30.000 si riceverà immediatamente la cifra e la si restituirà secondo le modalità di cui parlavamo sopra.

È molto importante tenere sempre bene a mente la differenza che intercorre fra questi due tipi di contributi per capire di cosa si ha bisogno e come ottenerli.

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Al Via, solo il 30% delle risorse disponibili

A 7 mesi dall’apertura dello sportello Al Via, resta solo il 30% delle risorse disponibili. Infatti, a oggi, sono state presentate ben 318 domande di finanziamento per un valore di 188,8 milioni di euro, numeri sicuramente superiori alle più rosee aspettative.

Spicca Brescia

Dai dati di questi primi 7 mesi di attività le province più dinamiche risultano essere: Brescia con 96 richieste, Bergamo con 42, Milano con 35 e Cremona con 32.

Cosa offre Al Via?

Il progetto Al Via offre alle PMI lombarde un contributo a fondo perduto in conto capitale tra il 5% e il 15% e una garanzia gratuita di Regione Lombardia, abbinati a finanziamenti da parte di Finlombarda SpA e delle 24 Banche convenzionate.

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Il 12 febbraio 2018 alle 17.00 si sono chiuse regolarmente le operazioni di compilazione ed invio telematico delle domande per l’accesso al Voucher digitalizzazione.
In totale sono oltre 91.500 le imprese che hanno fatto domanda ed a cui saranno assegnate le risorse previste dal bando.

Per scaricare la scheda informativa sui voucher per la digitalizzazione delle PMI CLICCA QUI 

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Investire nel Mezzogiorno? Con “Resto al Sud” contributi fino a 200 mila euro per gli under 35

 Aperto il Bando “Resto al Sud” promosso dal Ministero per la Coesione territoriale ed il Mezzogiorno a favore dei giovani residenti del Centro-Sud. A disposizione un plafond da 1.250 milioni di euro destinato ad incentivare le attività più variegate. Ai neo-imprenditori la possibilità di ottenere un incentivo che può coprire il 100% dell’investimento proposto.

Resto Al Sud chi può farne richiesta?

La misura sostiene la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani, tra i 18 e i 35 anni, residenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Resto al Sud Che cosa finanzia?

Progetti riguardanti attività di produzione di beni e servizi dal valore massimo di 200.000 euro. Sono escluse dal finanziamento le attività libero professionali ed il commercio.

Resto al Sud Quali sono le spese ammissibili?

Le spese possono riguardare:

  • interventi per la ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili (massimo 30% del programma di spesa);
  • impianti, attrezzature, macchinari nuovi;
  • programmi informatici e servizi TLC (tecnologie per l’informazione e la telecomunicazione);
  • altre spese utili all’avvio dell’attività (materie prime, materiali di consumo, utenze e canoni di locazione, canoni di leasing, garanzie assicurative nel limite del 20% massimo del programma di spesa).

Non sono ammesse le spese di progettazione, le consulenze e quelle relative al costo del personale dipendente.

Qual è l’entità dell’agevolazione con Resto al Sud?

Le agevolazioni coprono il 100% delle spese e prevedono:

  • un contributo a fondo perduto, pari al 35% del programma di spesa;
  • un finanziamento bancario dalla durata di 8 anni, pari al 65% del programma di spesa, garantito dal Fondo di garanzia per le PMI.

Resto al Sud: come vengono valutate le domande?

Sono valutate secondo l’ordine cronologico di presentazione.

Da quando potranno essere presentate le domande?

A partire dalle ore 12.00 del 15 gennaio 2018, esclusivamente online, attraverso la piattaforma di Invitalia.

Dal 29 gennaio le imprese di produzione, trasformazione e commercializzazione del settore agroalimentare potranno presentare richiesta di contributo per sostenere investimenti di rilevanza nazionale al fine di promuovere l’integrazione tra i diversi attori mediante contratti di filiera e di distretto.

Si tratta di uno strumento agevolativo misto che metterà a disposizione 60 milioni di euro di contributi a fondo perduto e 200 milioni di euro in finanziamenti a tasso agevolato.

Nel dettaglio:

Chi saranno i soggetti ammissibili?

Potranno presentare richiesta:

  • le società cooperative agricole e loro consorzi, i consorzi di imprese, le organizzazioni di produttori agricoli e le associazioni di organizzazioni di produttori agricoli riconosciute, che operano nel settore agricolo e agroalimentare;
  • le società costituite tra soggetti che esercitano l’attività agricola e le imprese commerciali e/o industriali e/o addette alla distribuzione, purché almeno il 51% del capitale sociale sia posseduto da imprenditori agricoli, società cooperative agricole e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente;
  • le associazioni temporanee di impresa tra i soggetti beneficiari, già costituite all’atto della presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni;
  • le reti di imprese che hanno già sottoscritto un contratto di rete al momento della presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni;
  • le rappresentanze di distretti rurali e agro-alimentari individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Quale sarà l’entità dell’agevolazione?

Le agevolazioni varieranno a seconda della localizzazione geografica, della tipologia dell’intervento e delle dimensioni dei soggetti proponenti. Ai fini della concessione delle agevolazioni i soggetti beneficiari dovranno aver ottenuto un finanziamento ordinario pari al 50% dell’ammontare complessivo del finanziamento richiesto.

Come saranno valutati i progetti?

Saranno valutati secondo l’ordine cronologico di ricevimento della PEC al MIPAAF.

Quali saranno le spese ammissibili?

Saranno ammissibili:

  • investimenti in attivi materiali e attivi immateriali nelle aziende agricole connessi alla produzione agricola primaria;
  • investimenti per la trasformazione di prodotti agricoli e per la commercializzazione di prodotti agricoli;
  • investimenti concernenti la trasformazione di prodotti agricoli in prodotti non agricoli;
  • costi per la partecipazione dei produttori di prodotti agricoli ai regimi di qualità e misure promozionali a favore dei prodotti agricoli;
  • progetti di ricerca e sviluppo nel settore agricolo.

Quando potranno essere presentare le domande?

A partire dalle ore 10.00 del 29 gennaio 2018, in forma telematica.

In arrivo 100 milioni di euro per le MPMI che investiranno nella digitalizzazione

Dopo oltre tre anni d’attesa, finalmente in arrivo i voucher che favoriranno gli investimenti per la digitalizzazione dei processi aziendali. «Un’ulteriore segnale positivo per il rilancio dell’economia del bel Paese», commenta Alberto Bertolotti di IBS Consulting.

Chi potrà richiederli?

Le micro, piccole e medie imprese (MPMI) con sede legale sul territorio nazionale iscritte al Registro delle imprese della Camera di Commercio.

Qual sarà il contributo?

È previsto un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher del valore di 10 mila euro concesso nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili.

Cosa finanzieranno?

  • Software e hardware;
  • Servizi che consentano il miglioramento dell’efficienza aziendale (telelavoro e e-commerce);
  • Connettività a banda larga e ultralarga;
  • Tecnologia satellitare;
  • Formazione qualificata del personale nel campo ICT.

Da quando potrà essere presentata la domanda?

Le domande potranno essere compilate a partire dal 15 gennaio, mentre lo sportello per l’invio si aprirà a partire dalle ore 10.00 del 30 gennaio 2018 e fino alle ore 17.00 del 9 febbraio 2018.

Come saranno valutate le domande?

Tutte le imprese che avranno prenotato le risorse concorreranno al riparto stanziato senza alcuna priorità connessa al momento della presentazione della domanda.

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