Patent Box, come accedere all’agevolazione mediante la determinazione diretta del beneficio.

Introdotta la possibilità di autodeterminare l’imponibile agevolabile senza attività di ruling con L’Agenzia delle Entrate Articolo 4 (Modifiche alla disciplina del Patent box) La disciplina contenuta nell’articolo 1, commi da 37 a 43, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd. regime “patent box”), ha richiesto sia un consistente impiego di risorse da parte dell’Amministrazione finanziaria, sia un rilevante impegno da parte dei contribuenti, in considerazione della complessità e delicatezza della materia.

Il predetto impegno, in particolare, si è concentrato, a decorrere dal 2015, sulla stipula degli accordi finalizzati alla determinazione del relativo reddito agevolabile.

I profili altamente tecnici riconducibili alle modalità di determinazione del contributo dei beni immateriali alla determinazione del reddito d’impresa agevolabile, hanno dato luogo a tempi di attesa non in linea con le esigenze di celerità e con le dinamiche degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuate dai contribuenti sui beni immateriali oggetto di sfruttamento economico.

La proposta emendativa ha l’obiettivo di consentire ai contribuenti di accedere all’agevolazione mediante la determinazione diretta del beneficio, rimandando il relativo confronto alla successiva fase di controllo.

Pur tuttavia, al fine di garantire le esigenze di certezza degli operatori, la proposta emendativa prevede che, in caso di rettifica del reddito escluso da imposizione, la sanzione per infedele dichiarazione non si applica qualora, nel corso dell’accesso, ispezione, verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione idonea a consentire il riscontro della corretta determinazione della quota di reddito escluso, indicata in un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, con il quale sono, altresì, definite le ulteriori disposizioni attuative del presente articolo.

Tale impostazione si pone in un rapporto di coerenza con analoghi meccanismi premiali concessi ai contribuenti, laddove gli stessi si sottopongano a complessi regimi di oneri documentali che, in presenza di idoneità della documentazione, prevedono la disapplicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione.

La disciplina è alternativa, previa opzione da parte del contribuente, a quella ordinaria basata sull’accordo disciplinato dall’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 e si applica, per tutti i contribuenti che intendano beneficiare dell’agevolazione, a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Tale disciplina si applica anche nel caso in cui sia in corso la procedura prevista dall’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, a condizione che non sia stato concluso il relativo accordo. In tal caso, il contribuente dovrà comunicare all’Agenzia delle entrate in maniera espressa la propria volontà di rinunciare alla procedura stessa.

Il comma 5 mantiene ferma la possibilità per tutti i contribuenti che intendono accedere al regime agevolativo, in particolare per coloro per i quali non ricorre l’obbligatorietà della procedura prevista dell’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, di accedere alle esimenti sanzionatorie previste nel comma 2, mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nella quale deve essere data indicazione del possesso della documentazione idonea di cui al comma 1 per ciascun periodo d’imposta oggetto di integrazione.

Tale facoltà, tuttavia, viene concessa, qualora la predetta dichiarazione integrativa sia presentata prima della formale conoscenza dell’inizio di qualunque attività di controllo relativa al regime previsto dai commi da 37 a 43 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Sia per i soggetti che esercitano l’opzione a regime ai sensi del comma 1, sia per i soggetti che esercitano l’opzione per le annualità pregresse ai sensi del comma 4 l’agevolazione deve essere utilizzata a decorrere dalla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata la medesima opzione.

In particolare, per i soggetti che esercitano l’opzione ai sensi del comma 1, la variazione in diminuzione deve essere ripartita in tre quote di pari importo da indicare nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione e in quelle relative ai due periodi d’imposta successivi.

Per i soggetti che esercitano l’opzione ai sensi del comma 4, l’agevolazione consiste nella somma delle variazioni in diminuzione correlate ai periodi di imposta di applicazione dell’agevolazione, ovverosia a quelli compresi fra la data di presentazione dell’istanza di accordo e l’esercizio dell’opzione.

Tale somma deve essere ripartita in tre quote di pari importo da indicare nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione e in quelle relative ai due periodi d’imposta successivi.
Resta ferma l’ordinaria modalità di fruizione del beneficio per coloro per i quali non ricorre l’obbligatorietà della procedura prevista dell’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

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IBS Consulting e Patent Box.

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IBS Consulting infatti vuole fornire a tutte le aziende e PMI la possibilità di conoscere più da vicino questa agevolazione, ecco il nostro approccio:

  •  svolgimento di uno studio di fattibilità volto a comprendere il potenziale beneficio fruibile dall’azienda qualora accedesse al regime PATENT BOX e ad individuare i beni immateriali agevolabili;
  • sulla scorta degli esiti dello studio di fattibilità , si procederà con la predisposizione dell’istanza;
  • l’azienda potrà decidere se utilizzare le modalità pre Decreto Crescita o quelle dettate dal Decreto Crescita.

Anticipiamo in oltre che per il mese di Settembre organizzeremo un convegno mirato al Patent Box, per riservare la vostra partecipazione potete compilare il form di contatto sottostante.

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Conosci le nuove modalità di accesso al Patent Box?

Grazie ad IBS Consulting potrai aver ben chiare le modalità di accesso alle agevolazioni fiscali relative al Patent Box.  I metodi per poter accedere a questo strumento infatti sono state rinnovate e si possono riassumere in tre grandi categorie.

Andiamo ad analizzarle e scoprirle insieme.

Patent Box ad accesso rapido

Riguardo alle modalità di accesso, la nuova disciplina stabilisce che, a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto crescita, i titolari di reddito di impresa che optano per il regime patent box, possono scegliere, in alternativa alla procedura di ruling, di determinare autonomamente e di indicare direttamente in dichiarazione il reddito agevolabile.

Per far questo, gli interessati devono indicare le informazioni necessarie per la determinazione del beneficio in “idonea documentazione” predisposta da un provvedimento del direttore dell’Agenzia contenente anche le ulteriori disposizioni attuative della nuova disciplina.

Coloro che optano per la nuova procedura e, quindi, autodeterminano il reddito agevolabile, devono ripartire la relativa variazione in diminuzione in tre quote annuali di pari importo da indicare nella dichiarazione dei redditi e dell’Irap relativa al periodo d’imposta in cui viene esercitata la scelta e in quelle relative ai due periodi d’imposta successivi.

Documentazione idonea

La documentazione deve essere costituita da un documento diviso in due sezioni dove indicare il modello organizzativo dell’impresa, la sua struttura partecipativa e il mercato di riferimento, gli elenchi dei beni immateriali e delle attività di ricerca e sviluppo, le plusvalenze realizzate tramite la cessione di Ip agevolabili (intellectual property), le informazioni di sintesi sulla determinazione del reddito agevolabile, infine, il metodo adottato (Cup, Rpsm, o altro), la procedura da seguire in caso di rinuncia.

La documentazione dovrà essere consegnata all’amministrazione finanziaria entro 20 giorni dalla relativa richiesta e, se durante il controllo della corretta determinazione della quota di reddito escluso emerge l’esigenza di ulteriori informazioni, queste dovranno essere fornite entro 7 giorni.

Ricalcolo senza penalità

In caso di rettifica del reddito escluso dalla base imponibile, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione dal 90 al 180% prevista per l’infedele dichiarazione (articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 471/1997) non si applica qualora nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Agenzia la documentazione idonea a consentire la verifica della corretta determinazione della quota di reddito escluso dalla tassazione.

A tal proposito, il comma 3 del provvedimento stabilisce l’obbligo per il contribuente che possiede la documentazione ad hoc di darne comunicazione all’amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale lo stesso beneficia dell’agevolazione.

Se vuoi avere maggiori dettagli in merito al metodo di accesso più rapido, opportuno e idonea alla tua situazione aziendale entra in contatto con un nostro consulente che sarà in grado di aiutarti nella gestione della documentazione necessaria.

Reddito Agevolabile? Scopri come si determina con IBS Consulting

DETERMINAZIONE DEL REDDITO AGEVOLABILE

L’articolo 7 del decreto Patent Box dettaglia le modalità di determinazione del reddito agevolabile ascrivibile all’utilizzo dei beni immateriali oggetto di incentivazione, distinguendo l’utilizzo diretto dalla concessione in uso.

Nel caso di utilizzo diretto, il comma 3 di tale articolo prescrive che, per ciascun bene immateriale oggetto dell’opzione, deve essere individuato il reddito agevolabile (definito, dalla norma primaria e dal decreto attuativo, anche come contributo economico o, dalla relazione illustrativa al decreto attuativo, come reddito figurativo) che ha concorso algebricamente a formare il reddito d’impresa o la perdita.

Tale previsione dà contenuto al principio recato dall’articolo 1, comma 39, terzo periodo, della legge di stabilità 2015 ai sensi del quale “la procedura di ruling ha ad oggetto la determinazione, in via preventiva e in contraddittorio con l’Agenzia delle entrate, dell’ammontare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per l’individuazione dei componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi”. Le modalità di determinazione del reddito agevolabile in caso di utilizzo diretto sono illustrate nel paragrafo 6.1.

Nel caso di concessione in uso (utilizzo indiretto), il comma 2 dell’articolo 7 del decreto Patent Box dispone che il reddito agevolabile è costituito dai canoni derivanti dalla concessione in uso dei beni immateriali, al netto dei costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti a essi connessi. Le modalità di determinazione del reddito agevolabile in caso di utilizzo indiretto sono rese nel paragrafo 6.2.

La documentazione a corredo dell’istanza da presentarsi nei 150 giorni da parte del contribuente deve permettere di ricostruire in modo dettagliato il reddito agevolabile per il primo periodo di esercizio dell’opzione. Posto che come chiarito nel paragrafo 8 l’accordo verterà sui criteri e metodi di determinazione del reddito agevolabile, per comprendere la coerenza degli stessi, è necessario quantificare il reddito agevolabile del primo periodo al fine di dimostrare la coerenza dei criteri e dei metodi scelti con il risultato ottenuto. In questa procedura, nessuna documentazione deve essere presentata ai fini della determinazione del nexus ratio.

Di fondamentale importanza è la distinzione tra costi “diretti” ed “indiretti” di cui si parlerà nel paragrafo 6.4.

6.1 Determinazione del reddito agevolabile in caso di utilizzo diretto

In caso di utilizzo diretto dei beni immateriali è necessario determinare il contributo economico fornito da ciascun bene immateriale oggetto di agevolazione al reddito complessivo (o perdita) realizzato nell’ambito dell’attività d’impresa.

Il contributo economico consiste nella quota di reddito (o perdita) di impresa ascrivibile al bene o ai beni immateriali, incorporata nel reddito complessivo (o nella perdita complessiva) derivante dall’attività d’impresa, che il soggetto beneficiario non avrebbe realizzato in assenza del bene immateriale stesso.

Tale reddito (o perdita) figurativo è il risultato del “conto economico virtuale” riferibile al bene immateriale, che tiene conto, per la parte delle componenti positive, della “royalty implicita” sul bene intangibile incorporata nel prezzo di vendita del bene materiale ceduto o del servizio prestato e, per la parte delle componenti negative, della sommatoria di tutti i costi, diretti e indiretti, relativi alle attività connesse alla creazione, allo sviluppo, al mantenimento e/o al miglioramento del bene immateriale medesimo. In relazione alle modalità di individuazione dei costi diretti ed indiretti, si veda il successivo paragrafo 6.4.

Il valore della predetta royalty da individuare nell’ambito delle componenti positive non è esplicito, cioè determinato a seguito di una specifica contrattazione tra parti giuridicamente distinte, ma risulta “implicito” e, pertanto, da estrapolare dal prezzo di vendita del bene o del servizio ceduto a terzi.

Come chiarito nella relazione illustrativa al decreto Patent Box, il contributo economico deve essere determinato assumendo l’esistenza di un ramo d’azienda autonomo deputato alla concessione in uso dei beni immateriali allo stesso contribuente, isolando, quindi, le componenti positive (componenti positive implicite) e negative di reddito ascrivibili allo sfruttamento del bene intangibile.

Per la determinazione delle componenti positive occorre far riferimento ai ricavi che sarebbero potenzialmente realizzabili qualora gli intangibili fossero utilizzati sul mercato, alle medesime condizioni d’impiego, da soggetti terzi indipendenti.

Rientrano tra le componenti positive di reddito anche le somme ottenute come risarcimento e come restituzione dell’utile a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, per inadempimento a contratti aventi ad oggetto i beni immateriali per i quali si esercita l’opzione e per violazione dei diritti sugli stessi.

Nella determinazione del contributo economico si fa riferimento ai dati contabili, così come rilevati nei conti economici predisposti ai fini del bilancio di esercizio redatto in base ai principi contabili di riferimento, tenendo comunque presente le eventuali successive variazioni, in aumento o in diminuzione, effettuate ai fini fiscali, in particolare ai fini IRES.

Nei casi in cui dovesse risultare più appropriato, è possibile fare riferimento, nella determinazione del contributo economico, ai dati contabili così come rilevati nella contabilità analitica o industriale, purché il contribuente sia in grado di riconciliare i dati complessivamente riscontrabili in tale contabilità con i dati complessivamente indicati ai fini civilistici, e di fornire anche una riconciliazione con eventuali successive variazioni, in aumento o in diminuzione, effettuate ai fini IRES.

Si evidenzia che in caso di utilizzo diretto dei beni immateriali oggetto di agevolazione, i criteri e metodi di determinazione del contributo economico al reddito di impresa sono stabiliti mediante l’accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate, di cui al successivo paragrafo 8.

Con riferimento sia alle componenti positive che negative, qualora si riferiscano ad operazioni con parti correlate di cui all’articolo 110 comma 7 del TUIR, il contribuente, al fine di avere certezza in relazione al valore normale delle predette componenti, può attivare le procedure ordinarie di accordo preventivo ai sensi dell’articolo 31-ter del d.p.r. del 29 settembre 1973.

6.2 Determinazione del reddito agevolabile in caso di utilizzo indiretto

Il reddito agevolabile derivante dalla concessione in uso del bene immateriale è determinato dai relativi canoni diminuito dei costi, diretti ed indiretti, fiscalmente riconosciuti ad essi connessi di competenza del periodo d’imposta.

Tra i componenti positivi di reddito da considerare nel computo, oltre ai canoni derivanti dalla concessione in uso del bene, rientrano anche le somme ottenute come risarcimento e come restituzione dell’utile a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, per inadempimento a contratti aventi ad oggetto i beni immateriali per i quali si esercita l’opzione e per violazione dei diritti sugli stessi. Nella tipologia di utilizzo indiretto di beni immateriali rientrano sia la concessione del diritto all’utilizzo di tali beni a parti correlate (nazionali e estere) che la concessione in uso a terze parti indipendenti (nazionali e estere).

Si evidenzia che in caso di utilizzo indiretto dei beni immateriali oggetto di agevolazione, i criteri e metodi di determinazione del reddito agevolabile, derivante dalla concessione del diritto all’utilizzo di tali beni a parti correlate (nazionali ed estere), possono essere stabiliti mediante l’accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate, di cui al successivo paragrafo 8.

Qualora, invece, il reddito agevolabile derivi dalla concessione in uso dei beni immateriali a terze parti indipendenti, non è possibile attivare la procedura di accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate di cui al successivo paragrafo 8.

Nel caso di concessione del diritto all’utilizzo del bene immateriale a parti correlate estere, nell’ambito di operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del TUIR, il contribuente può attivare le procedure ordinarie di accordo preventivo ai sensi dell’articolo 31-ter del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione alle componenti, sia positive che negative, connesse alle predette operazioni;

l’attivazione di tali procedure ordinarie è finalizzata ad acquisire certezza in relazione al valore normale delle predette componenti positive e/o negative.
Nel caso di concessione del diritto all’utilizzo del bene immateriale a parti correlate nazionali, resta fermo il potere dell’amministrazione finanziaria di effettuare le ordinarie valutazioni in merito all’eventuale antieconomicità delle operazioni stesse.

Anche nella determinazione del reddito agevolabile in caso di utilizzo indiretto è importante distinguere i costi diretti da quelli indiretti, come chiarito nel paragrafo 6.4.

6.3 Determinazione del reddito agevolabile in caso di plusvalenze da cessione

I soggetti che esercitano l’opzione per il regime agevolativo in commento hanno diritto ad un trattamento di favore anche in caso di cessione del bene immateriale.

Le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali indicati nell’articolo 6 del decreto Patent Box non concorrono, infatti, alla formazione del reddito complessivo in quanto escluse, a condizione che almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione sia reinvestito in attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, mantenimento e accrescimento di altri beni immateriali indicati nel medesimo articolo 6.

La plusvalenze in commento costituiscono anch’esse reddito agevolabile, motivo per cui, in conformità a quanto previsto per il reddito agevolabile derivante ordinariamente dallo sfruttamento diretto o indiretto del bene immateriale, si ritiene che la relativa variazione in diminuzione debba essere calcolata con le medesime modalità previste per l’ordinario reddito agevolabile.

In pratica, dal prodotto tra la plusvalenza ed il nexus ratio scaturirà la quota di reddito agevolabile che non concorrerà alla formazione del reddito complessivo in quanto esclusa nei limiti del 50 per cento (30 o 40 per cento per le annualità 2015 e 2016).

Come precisato dall’articolo 10 del decreto attuativo, le attività di ricerca e sviluppo in cui deve essere reinvestito almeno il 90 per cento del corrispettivo possono essere svolte:

  • a) direttamente dal soggetto beneficiario dell’agevolazione;
  • b) mediante contratti di ricerca stipulati con università o enti di ricerca e organismi equiparati;
  • c) mediante contratti di ricerca stipulati con società, anche start up innovative, che non appartengono al gruppo societario del soggetto beneficiario dell’agevolazione;
  • d) mediante contratti di ricerca stipulati con società, anche start up innovative, che appartengono al gruppo societario del soggetto beneficiario dell’agevolazione, le quali si siano limitate a fare svolgere le attività di ricerca e sviluppo dai soggetti indicati alle lettere sub b)

Al riguardo, l’espressione “altri beni immateriali” utilizzata dal legislatore induce a ritenere che il reinvestimento in attività di ricerca e sviluppo deve avere ad oggetto beni immateriali diversi da quelli già posseduti dal soggetto beneficiario al momento del realizzo della plusvalenza.

Non rientrano tra le ipotesi di reinvestimento che consentono di beneficiare della esclusione da tassazione della plusvalenza le ipotesi di acquisto di altri beni immateriali; le somme impiegate in siffatti acquisti non vengono, quindi, conteggiate nel calcolo del 90 per cento di reinvestimento del corrispettivo di cessione, imposto dalla norma in commento.

Tale obbligo di reinvestimento – che, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, prescinde dalle condizioni finanziarie relative alla tempistica del pagamento – deve essere assolto prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione.

L’individuazione del periodo di imposta in cui si considera realizzata la plusvalenza e di quello in cui si considera assolto l’obbligo di reinvestimento deve essere effettuata applicando gli ordinari criteri di competenza utilizzati nella determinazione del reddito di impresa del beneficiario dell’agevolazione, prescindendo, come indicato dalla relazione illustrativa, dalle condizioni finanziarie relative alla tempistica dei pagamenti.

Se l’obbligo di reinvestimento non viene rispettato, il reddito del secondo periodo di imposta successivo a quello in cui è stata effettuata la cessione deve essere aumentato di un importo pari alla plusvalenza esclusa da tassazione. In altri termini, come precisato dalla relazione illustrativa al decreto Patent Box, il recupero a tassazione avviene nella dichiarazione dei redditi relativa al secondo periodo di imposta successivo a quello in cui si verifica la cessione, mediante una variazione in aumento pari all’importo della plusvalenza che non ha concorso alla formazione del reddito imponibile nel periodo di imposta di realizzazione.

Va da sé che la plusvalenza che non concorre alla formazione del reddito e che deve, eventualmente, essere recuperata è assunta nella misura fiscalmente rilevante; le aliquote applicabili sono quelle vigenti nei periodi di imposta in cui avviene, rispettivamente, la esclusione dalla formazione del reddito o il recupero a tassazione.

Rientrano nella previsione della norma in commento sia le plusvalenze realizzate nell’ambito di cessioni di beni immateriali a parti correlate (nazionali o estere) che le plusvalenze realizzate a seguito di cessione di beni immateriali a terze parti indipendenti.

Si evidenzia che in caso di plusvalenze realizzate nell’ambito di cessioni di beni immateriali a parti correlate (nazionali o estere), i criteri e metodi di determinazione del prezzo di cessione e della conseguente plusvalenza possono essere stabiliti mediante l’accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate, di cui al successivo paragrafo 8.

Qualora, invece, le plusvalenze siano realizzate a seguito di cessione di beni immateriali a terze parti indipendenti, non è possibile attivare la procedura di accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate di cui al paragrafo

Nel caso di plusvalenze derivanti da operazioni di cessioni di beni immateriali a parti correlate estere, nell’ambito di operazioni di cui all’articolo 110 comma 7 del TUIR, il contribuente può attivare le procedure ordinarie di accordo preventivo ai sensi dell’articolo 31-ter del d.p.r. del 29 settembre 1973; l’attivazione di tali procedure ordinarie è finalizzata ad acquisire certezza in relazione al valore normale delle componenti positive e negative che hanno dato luogo alle predette plusvalenze.

Nel caso di plusvalenze realizzate nell’ambito di operazioni di cessione del bene immateriale a parti correlate nazionali, resta fermo il potere dell’amministrazione finanziaria di effettuare le ordinarie valutazioni in merito all’eventuale antieconomicità delle operazioni stesse.

6.4 La determinazione dei costi diretti ed indiretti

Dall’ammontare dei componenti positivi impliciti in caso di utilizzo diretto o dai canoni di concessione in uso in caso di utilizzo indiretto è necessario sottrarre i componenti negativi connessi ai predetti componenti positivi.

Il reddito agevolabile sarà costituito dai componenti positivi diminuiti dei costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti a essi connessi.

Per costi diretti si intendono tutti i costi imputabili in maniera certa ed univoca al “costo di produzione” del singolo IP. Ci si riferisce a beni o risorse di produzione direttamente attribuibili al processo di ricerca e sviluppo. Si tratta di costi che hanno una relazione specifica con l’IP considerato (naturalmente correlabili).

Sono, invece, “indiretti” quei costi imputabili all’IP secondo criteri di comunanza ovvero indirettamente mediante un processo di ripartizione.

Per questa tipologia di costi manca una relazione specifica con l’IP considerato. Si tratta di quei costi che risultano comuni a più beni immateriali quali i costi di tipo amministrativo, utilizzo di attrezzature o macchinari condiviso da altre commesse, le spese relative agli immobili, ecc.

Per individuare tali costi si ritiene necessario far scaturire gli stessi da una ripartizione che faccia riferimento alle cause da cui originano. Generalmente, le metodologie di ripartizione più adoperate nella prassi fanno riferimento alle ordinarie modalità di allocazione e ripartizione dei costi impiegate nelle tecniche di contabilità industriale (ad esempio basate sul costo, sul capitale impiegato, sul fatturato, sull’organico, ecc.)

Resta fermo che, in termini quantitativi, i costi rilevanti ai fini della determinazione del reddito agevolabile di un determinato periodo d’imposta sono pari a quelli fiscalmente deducibili nel medesimo periodo d’imposta in base alle disposizioni del TUIR.

In altri termini, in sede di determinazione del reddito agevolabile, una volta identificati i costi diretti e indiretti riferibili all’IP, sarà necessario valutarne la rilevanza fiscale (in termini, ad esempio, di inerenza e di quantificazione), in base alle ordinarie disposizioni del TUIR.

Non esitare a contattarci per avere maggiori informazioni in merito al Patent Box a tutte le agevolazioni fiscali connesse.

Come si calcola l’agevolazione maturata con Patent Box?

Ogni imprenditore o dirigente d’azienda vuole vederci chiaro quando si tratta di numeri e conti, per questo IBS Consulting vuole essere al vostro fianco fin dall’inizio per permettervi di godere dell’agevolazione del Patent Box nel modo migliore.

L’agevolazione in commento consiste in una variazione in diminuzione – da operare ai fini IRPEF o IRES, nonché ai fini IRAP – per la cui determinazione occorre:

  1. individuare, innanzitutto, il reddito agevolabile derivante dall’utilizzo diretto o indiretto del bene immateriale, ai sensi dell’articolo 7 del decreto Patent Box;
  2. calcolare, poi, il c.d. nexus ratio, dato dal rapporto tra i costi qualificati e i costi complessivi, ai sensi dell’articolo 9, commi da 2 a 5 del medesimo decreto;
  3. effettuare il prodotto tra il reddito agevolabile ed il nexus ratio per ottenere la quota di reddito agevolabile, prevista dall’articolo 9, comma 7 del decreto.

La quota di reddito agevolabile non concorre a formare il reddito d’impresa per il 50 per cento del relativo ammontare.

Tuttavia, per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e a quello in corso al 31 dicembre 2015 la percentuale di esclusione dal concorso alla formazione del reddito d’impresa è fissata, rispettivamente, in misura pari al 30 e al 40 per cento (cfr. articolo 9, comma 8 del decreto).

Considerando la percentuale a regime del 50%, questo meccanismo può determinare, di fatto, una tassazione ai fini IRES del bene immateriale con aliquota pari alla metà di quella ordinaria e, quindi, pari al 12% tenendo conto della riduzione dell’aliquota IRES al 24% prevista dalla legge di Stabilità 2016 a decorrere dal periodo di imposta 2017.

Scegli IBS Consulting come tuo partner per ottenere l’agevolazione fiscale Patent Box, richiedi informazioni o un incontro compilando il form sottostante.

Know How aziendale può rientrare all’interno dell’agevolazione Patent Box? Le risposte di IBS consulting

Per informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili si fa riferimento all’ambito di protezione delle informazioni aziendali riservate, come previsto dall’articolo 39 del TRIPs Agreement (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) ratificato dall’Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, che nell’ordinamento nazionale italiano attribuisce in capo al legittimo detentore un diritto di proprietà industriale, disciplinato agli articoli 98 e 99 del Codice della Proprietà Industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, “cpi”).

In particolare, rientra in tale ambito di applicazione il know-how di cui all’articolo 1, lett. i) del Regolamento CE n. 772/2004, del 27 aprile 2004 (che, in relazione ai contratti di trasferimento di tecnologie, definisce il know-how come un “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove, patrimonio che è: i) segreto, vale a dire non genericamente noto o accessibile; ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione di prodotti contrattuali; e iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da verificare se risponde ai criteri di segretezza e sostanzialità”).

Ai fini del regime opzionale si considerano pertanto “giuridicamente tutelabili”, le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:

  • a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore. Si tratta di informazioni che, singolarmente o nella loro combinazione, siano tali da non poter essere assunte dall’operatore del settore, in tempi e a costi ragionevoli. In sostanza occorre che la loro acquisizione da parte del concorrente richieda sforzi o investimenti;
  • b) abbiano valore economico in quanto segrete. Non nel senso che possiedano un valore di mercato, ma nel senso che il loro utilizzo comporti, da parte di chi lo attua, un vantaggio concorrenziale che consenta di mantenere o aumentare la quota di mercato;
  • c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche. Si ritiene comunemente necessario che il titolare delle informazioni renda edotti i propri dipendenti e i propri collaboratori della natura delle informazioni e della necessità di mantenere il segreto sia come condizione contrattuale sia come informazione comunque diretta a collaboratori e dipendenti.

La prova deve risultare da una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, da trasmettere all’Agenzia delle entrate, che, nella consapevolezza delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.p.r. citato, attesti la legittima detenzione delle informazioni riservate in capo al richiedente, avendole lo stesso acquisite a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto) e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati e contenga i seguenti elementi:

  • 1) la descrizione delle informazioni o esperienze in modo sufficiente per la loro individuazione, e il riferimento alle eventuali relative fonti documentali interne ed esterne all’azienda utili a tale individuazione, [ad esempio: documenti in cui tali dati sono individuati contrattualmente quali informazioni e specifiche da qualificare come riservate anche nell’ambito di accordi di segretezza aziendale – accordi di non divulgazione – accordi o clausole di riservatezza accessori ad altri contratti, depositi fiduciari, circolari interne, protocolli, ordini di servizio, patti di non concorrenza – informazioni inserite in allegati tecnici in cui è effettuata la descrizione delle informazioni riservate,
    sono marcati come documenti riservati (con diciture quali “segreto”, “riservato” o “confidenziale”), in modo da essere individuabili dal soggetto che viene in possesso della documentazione contenente le informazioni riservate
    ];
  • 2) l’attestazione che tali informazioni o esperienze non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti (indicando la materia) ed agli operatori del settore (indicando il settore), con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale conclusione;
  • 3) l’attestazione che il possesso di tali informazioni o esperienze in regime di segreto presenta valore economico, con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale affermazione;
  • 4) l’attestazione dell’adozione di misure concretamente idonee a garantire l’effettiva riservatezza delle informazioni, con la descrizione delle misure di secretazione adottate e la giustificazione della relativa adeguatezza in relazione alle circostanze [ad esempio: documenti o informazioni conservati in archivi chiusi o su supporti informatici per i quali è necessario l’uso di credenziali per l’accesso alle cartelle contenenti tali informazioni riservate. Per tali fini, assumerà rilievo in particolare la dimostrazione dell’esistenza di atti interni aziendali (regolamenti, disposizioni, atti o delibere di organi amministrativi e simili) da cui si evincano metodologie e procedure che indichino le modalità di conservazione e di trasferimento delle informazioni riservate e le responsabilità relative].

Ai fini del regime opzionale non saranno pertanto prese in considerazione dichiarazioni o clausole che rimandino genericamente alla riservatezza di tutte le informazioni contenute negli atti o nei contratti cui si fa riferimento o il generico richiamo all’obbligo di riservatezza che grava sui dipendenti ai sensi dell’articolo 2105 c.c., essendo necessario identificare con sufficiente precisione quali siano le informazioni su cui viene posto il vincolo della segretezza.

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Capire e analizzare quali possono essere le attività di Ricerca e Sviluppo relative alla Patent Box

Ai sensi dell’articolo 1, comma 41, della legge di stabilità 2015 “Le disposizioni dei commi da 37 a 40 si applicano a condizione che i soggetti che esercitano l’opzione di cui al comma 37 svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzate alla produzione dei beni di cui al comma 39”.

Al riguardo, l’articolo 8 del decreto Patent Box con riferimento alle definizioni di attività di ricerca e sviluppo – finalizzate allo sviluppo, mantenimento e accrescimento del valore dei beni di cui all’articolo 6 – ne individua le attività.

In base al comma 1, punto (i), dell’articolo 8 del citato decreto sono classificabili nella “ricerca fondamentale”: “i lavori sperimentali o teorici svolti per acquisire nuove conoscenze, ove successivamente utilizzate nelle attività di ricerca applicata e design”.

Secondo il successivo punto (ii) sono classificabili nella “ricerca applicata” le attività di:

  • “ricerca pianificata per acquisire nuove conoscenze e capacità, da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o apportare miglioramenti a prodotti, processi o servizi esistenti, in qualsiasi settore della scienza e della tecnica”;
  • “lo sviluppo sperimentale e competitivo, con ciò dovendosi intendere l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati”;
  • “le altre attività destinate alla definizione concettuale, concernente nuovi prodotti, processi o servizi, e i test, le prove e le sperimentazioni necessari ad ottenere le autorizzazioni per la immissione in commercio dei prodotti o l’utilizzo di processi e servizi”.

Sono inoltre classificabili nello “sviluppo sperimentale” le attività di: costruzione di prototipi e campioni, la dimostrazione, la realizzazione di prodotti pilota, i test e la convalida di prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati, e la realizzazione degli impianti e delle attrezzature a tal fine necessari”;

In base al punto (iii) sono classificabili nel “design” le attività di:

  • “ideazione e progettazione di prodotti, processi e servizi, ivi incluso l’aspetto esteriore di essi e di ciascuna loro parte”;
  • “le attività di sviluppo dei marchi”, intesa quale ideazione, progettazione ed elaborazione degli stessi.

Secondo il punto (iv) rientrano nelle attività di ricerca e sviluppo “l’ideazione e la realizzazione del software protetto da copyright», ivi incluse anche le attività di elaborazione e adeguamento dello stesso.

In base al punto (v) rientrano nelle attività di ricerca e sviluppo le attività di: “ricerche preventive, i test e le ricerche di mercato e gli altri studi e interventi anche finalizzati all’adozione di sistemi anticontraffazione”.

Rientrano in tale attività, ad esempio, le consulenze propedeutiche alla brevettazione o registrazione (studi su brevettabilità – ricerca di anteriorità, o su registrabilità – ricerca di novità, freedom to operate), le due diligence, gli studi di fattibilità, gli studi ed interventi finalizzati all’adozione di sistemi che consentano l’individuazione di un prodotto autentico da uno contraffatto quali, ad esempio, sistemi di tracciabilità e rintracciabilità.

  • “il deposito, l’ottenimento e il mantenimento dei relativi diritti, il rinnovo degli stessi a scadenza”.

Rientrano in tale attività, ad esempio, il deposito della domanda di privativa industriale presso un Ufficio nazionale, comunitario o organismo internazionale (es. DGLC-UIBM, EPO, EUIPO) comprese le eventuali relative estensioni (es. attraverso le procedure internazionali EPO o WIPO); le possibili conversioni tra domande (ad esempio: la domanda di brevetto per invenzione si può convertire in una domanda di brevetto per modello di utilità o viceversa).

Sono comprese nelle predette attività ogni istanza ad esse connesse, comprese le eventuali traduzioni.

Per “mantenimento in vita”, si intendono generalmente le attività amministrative necessarie affinché il titolo di proprietà industriale non incorra in decadenze. Tali attività consistono tipicamente, salvo eccezioni, nel pagamento di diritti di concessione annuali o pluriannuali all’Ufficio concedente (ad esempio: per i brevetti per invenzione industriale nazionali dal sesto al ventesimo anno è dovuto annualmente il pagamento di diritti), ovvero nella presentazione di una domanda di rinnovo (“rinnovazione”) del titolo all’ente concedente entro una determinata scadenza (ad esempio: per i marchi nazionali, la cui registrazione dura dieci anni, occorre presentare all’Ufficio concedente ogni dieci anni una domanda di rinnovazione per un eguale periodo).

Le suddette attività possono essere svolte direttamente dal titolare o da un mandatario (tipicamente un consulente in proprietà industriale o un avvocato);“la protezione di essi, anche in forma associata e in relazione alle attività di prevenzione della contraffazione e la gestione dei contenziosi e contratti relativi”.

Per attività di “protezione” si intendono: le azioni giudiziali, stragiudiziali ed amministrative in materia di proprietà industriale (ad esempio: l’azione giudiziale per contraffazione; per i marchi, l’azione per nullità davanti all’EUIPO; le misure di tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali previste dal regolamento UE n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013; le diffide e costituzioni in mora; la predisposizione di accordi di segretezza; trascrizione o annotazione nei registri di pubblicità legale).

Per attività di “prevenzione della contraffazione” si intendono le attività di formazione ed informazione del personale interno all’azienda; le attività connesse al supporto e promozione delle politiche in materia di lotta alla contraffazione e proprietà industriale, siano esse svolte individualmente che attraverso associazioni aventi analoghe finalità; le attività di monitoraggio e controllo del mercato, anche on-line.

Secondo il punto (vi) del comma 1 dell’articolo 8 del decreto attuativo, rientrano nelle attività di ricerca e sviluppo le attività di: “presentazione, comunicazione e promozione che accrescano il carattere distintivo e/o la rinomanza dei marchi, e contribuiscano alla conoscenza, all’affermazione commerciale, all’immagine dei prodotti o dei servizi, del design, o degli altri materiali proteggibili”.

Rientrano in tale ambito, ad esempio, le attività pubblicitarie e fieristiche.

La normativa parla molto chiaro e le casistiche prese in considerazione sono differenti, se vuoi aver la certezza che le tue azioni di Ricerca e Sviluppo possano ricadere all’interno delle agevolazioni per il Patent Box allora contattaci per una consulenza più dettagliata.

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Patent Box e i beni immateriali, impariamo a conoscerli.

Come abbiamo detto fin dal nostro primo articolo legato al Patent Box, questo è applicabile esclusivamente ad agevolazioni legate ai beni immateriali. Per questo riteniamo importante capire e approfondire la questione in merito ai beni immateriali di proprietà delle aziende.

Come scritto nella circolare 11/e ecco la definizione di bene immateriale.

L’articolo 6, comma 1, del decreto Patent Box definisce ed elenca i beni immateriali che consentono alle imprese di accedere al regime opzionale di tassazione agevolata.

Si ricorda che il diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali indicati nel citato articolo 6 è condizione necessaria ma non sufficiente per la fruizione dell’agevolazione, in quanto occorrerà sempre verificare se agli stessi si può attribuire un valore dal quale derivano componenti positivi di reddito che concorrono alla formazione del reddito di impresa. La identificazione di tal valore va effettuata con le tecniche di seguito illustrate e può anche prescindere dalle modalità di rappresentazione in bilancio dei medesimi beni.

In relazione ai titoli di proprietà industriale indicati ai romanini (ii), (iii) e (iv) dell’articolo 8 del decreto Patent Box, essendo il nomen iuris del procedimento amministrativo di rilascio del titolo di proprietà industriale variabile in funzione delle diverse definizioni contenute nel diritto industriale dei Paesi concedenti la privativa, occorre fare riferimento alla tipologia sostanziale di privativa che, esemplificativamente, è stata indicata con riferimento all’ordinamento italiano (Codice della proprietà industriale, decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30).

Resta fermo, infatti, che come previsto all’articolo 6, comma 2, del decreto Patent Box, per la definizione delle tipologie di beni immateriali e dei requisiti per la loro esistenza e protezione si fa riferimento alle norme nazionali, dell’Unione europea ed internazionali e a quelle contenute in regolamenti dell’Unione europea, trattati e convenzioni internazionali in materia di proprietà industriale e intellettuale applicabili nel relativo territorio di protezione.

Software protetto da copyright

Per software protetto da copyright si intendono i programmi per elaboratore in qualunque forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore.

Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.

La prova deve risultare da una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, da trasmettere all’Agenzia delle entrate, che, nella consapevolezza delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.p.r. citato, attesti la titolarità dei diritti esclusivi su di esso in capo al richiedente, a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto), e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati di originalità e creatività tali da poter essere identificati come opere dell’ingegno.

La dichiarazione deve altresì contenere la descrizione del programma per elaboratore a cui può essere allegata copia del programma su supporto ottico non modificabile, conformemente alle previsioni dell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 1994, n. 244 in materia di registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore.

Brevetti industriali siano essi concessi o in corso di concessione, ivi inclusi i brevetti per invenzione, ivi comprese le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione, i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori

Per brevetti industriali si intendono:

  • a) i brevetti per invenzione;
  • b) i brevetti per modello di utilità;
  • c) i brevetti per nuove varietà vegetali;
  • d) le topografie di prodotti a semiconduttori;
  • e) il certificato complementare per prodotti medicinali;
  • f) il certificato complementare per prodotti fitosanitari.

I predetti titoli di proprietà industriale sono concessi dai competenti Uffici nazionali, comunitari o Organismi internazionali, variamente denominati. Esemplificativamente, oltre agli Uffici nazionali per la proprietà industriale dei diversi Stati a cui si rinvia, i riferimenti che potrebbero ricorrere con maggiore frequenza sono:

I. per i brevetti per invenzione:

  • l’Ufficio nazionale è la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM),
  • l’Ufficio europeo dei brevetti,
  • II. per i brevetti per nuove varietà vegetali:
  • l’Ufficio nazionale è la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM),
  • l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali;
  • III. per i modelli di utilità, le topografie di prodotti a semiconduttori, i certificati complementari per prodotti medicinali ed i certificati complementari per prodotti fitosanitari:
  • l’Ufficio nazionale è la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM

Per brevetti “in corso di concessione”, si intendono le domande per il rilascio dei predetti titoli depositate pressi gli Uffici competenti.

La prova dell’avvenuto deposito della domanda è fornita mediante la produzione di una ricevuta (in qualunque modo denominata) rilasciata dall’Ufficio competente. Nel caso di avvenuta concessione del titolo di proprietà industriale, la prova è costituita dal relativo attestato (in qualunque modo denominato) rilasciato dall’Ufficio competente. Devono essere forniti i riferimenti delle eventuali banche 28

dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.

Marchi di impresa, ivi inclusi i marchi collettivi, siano essi registrati o in corso di registrazione

Per marchi di impresa, ivi inclusi i marchi collettivi, siano essi registrati o in corso di registrazione, si intendono i marchi registrati dai competenti Uffici per la proprietà industriale, variamente denominati. Esemplificativamente, oltre agli Uffici nazionali per la proprietà industriale dei diversi Stati a cui si rinvia, i riferimenti che potrebbero ricorrere con maggiore frequenza sono:

la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM),

l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO1),

l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI o WIPO),

1 Il regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento sul marchio comunitario è entrato in vigore il 23 marzo 2016. Da tale giorno l’Ufficio, già denominato “Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno” – UAMI, si chiama Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e il marchio comunitario si chiama marchio dell’Unione europea.

Per marchi “in corso di registrazione”, si intendono le domande di registrazione di marchio depositate presso gli Uffici competenti.

La prova dell’avvenuto deposito della domanda è fornita mediante la produzione di una ricevuta (in qualunque modo denominata) rilasciata dell’Ufficio competente. Nel caso di avvenuta registrazione la prova è costituita dal relativo attestato di primo deposito (in qualunque modo denominato) ovvero dall’ultimo attestato di rinnovo rilasciato dall’Ufficio competente. Devono essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.

4.1.4 Disegni e modelli, giuridicamente tutelabili

Per disegni e modelli “giuridicamente tutelabili”, si intendono:

  • a) le domande di registrazione di disegni e modelli;
  • b) i disegni e modelli registrati;
  • c) i disegni e modelli comunitari non registrati che possiedano i requisiti di registrabilità, la cui tutela dura per un periodo di tre anni decorrente dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità (di cui all’articolo 11 del Regolamento CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari);
  • d) il disegno industriale che presenti di per sé carattere creativo e valore artistico (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, n. 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633 in materia di diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).

Le domande di registrazione sono depositate presso, ed i titoli di proprietà industriale sono rilasciati dai, competenti Uffici per la proprietà industriale variamente denominati. Esemplificativamente, oltre agli Uffici nazionali per la proprietà industriale dei diversi Stati a cui si rinvia, i riferimenti che potrebbero ricorrere con maggiore frequenza sono:

  • la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM)
  • l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO2)

Il regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento sul marchio comunitario è entrato in vigore il 23 marzo 2016. Da tale giorno l’Ufficio, già denominato “Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno” – UAMI, si chiama Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e il marchio comunitario si chiama marchio dell’Unione europea.

Nei casi di cui alle lettere a) e b), la prova dell’avvenuto deposito della domanda è fornita mediante la produzione di una ricevuta (in qualunque modo denominata) rilasciata dall’Ufficio competente e la prova di avvenuta registrazione è costituita dal relativo attestato (in qualunque modo denominato) rilasciato dall’Ufficio competente. Devono essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.

Negli altri casi, sub lettere c) e d), la prova deve risultare da una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, da trasmettere all’Agenzia delle entrate, che, nella consapevolezza delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.p.r. citato, attesti la titolarità dei diritti esclusivi su di esso in capo al richiedente, a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto), e la sussistenza dei rispettivi requisiti di tutela sopra descritti in relazione al regolamento n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari ed alla legge sul diritto d’autore (legge n. 633 del 1941) e indichi inoltre: (i) per il disegno e modello comunitario non registrato, la data e l’evento in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità; e (ii) per il disegno industriale protetto dal diritto d’autore, il nome dell’autore e, se questi non è vivente, la data della morte. 31

Informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili

Per informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili si fa riferimento all’ambito di protezione delle informazioni aziendali riservate, come previsto dall’articolo 39 del TRIPs Agreement (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) ratificato dall’Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, che nell’ordinamento nazionale italiano attribuisce in capo al legittimo detentore un diritto di proprietà industriale, disciplinato agli articoli 98 e 99 del Codice della Proprietà Industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, “cpi”). In particolare, rientra in tale ambito di applicazione il know-how di cui all’articolo 1, lett. i) del Regolamento CE n. 772/2004, del 27 aprile 2004 (che, in relazione ai contratti di trasferimento di tecnologie, definisce il know-how come un “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove, patrimonio che è: i) segreto, vale a dire non genericamente noto o accessibile; ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione di prodotti contrattuali; e iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da verificare se risponde ai criteri di segretezza e sostanzialità”).

Ai fini del regime opzionale si considerano pertanto “giuridicamente tutelabili”, le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:

  • a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore. Si tratta di informazioni che, singolarmente o nella loro combinazione, siano tali da non poter essere assunte dall’operatore del settore, in tempi e a costi ragionevoli. In sostanza occorre che la loro acquisizione da parte del concorrente richieda sforzi o investimenti;
  • b) abbiano valore economico in quanto segrete. Non nel senso che possiedano un valore di mercato, ma nel senso che il loro utilizzo comporti, da parte di chi lo attua, un vantaggio concorrenziale che consenta di mantenere o aumentare la quota di mercato;
  • c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche. Si ritiene comunemente necessario che il titolare delle informazioni renda edotti i propri dipendenti e i propri collaboratori della natura delle informazioni e della necessità di mantenere il segreto sia come condizione contrattuale sia come informazione comunque diretta a collaboratori e dipendenti.

La prova deve risultare da una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, da trasmettere all’Agenzia delle entrate, che, nella consapevolezza delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.p.r. citato, attesti la legittima detenzione delle informazioni riservate in capo al richiedente, avendole lo stesso acquisite a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto) e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati e contenga i seguenti elementi:

  • 1) la descrizione delle informazioni o esperienze in modo sufficiente per la loro individuazione, e il riferimento alle eventuali relative fonti documentali interne ed esterne all’azienda utili a tale individuazione, [ad esempio: documenti in cui tali dati sono individuati contrattualmente quali informazioni e specifiche da qualificare come riservate anche nell’ambito di accordi di segretezza aziendale – accordi di non divulgazione – accordi o clausole di riservatezza accessori ad altri contratti, depositi fiduciari, circolari interne, protocolli, ordini di servizio, patti di non concorrenza – informazioni inserite in allegati tecnici in cui è effettuata la descrizione delle informazioni riservate,
    sono marcati come documenti riservati (con diciture quali “segreto”, “riservato” o “confidenziale”), in modo da essere individuabili dal soggetto che viene in possesso della documentazione contenente le informazioni riservate
    ];
  • 2) l’attestazione che tali informazioni o esperienze non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti (indicando la materia) ed agli operatori del settore (indicando il settore), con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale conclusione;
  • 3) l’attestazione che il possesso di tali informazioni o esperienze in regime di segreto presenta valore economico, con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale affermazione;
  • 4) l’attestazione dell’adozione di misure concretamente idonee a garantire l’effettiva riservatezza delle informazioni, con la descrizione delle misure disecretazione adottate e la giustificazione della relativa adeguatezza in relazione alle circostanze [ad esempio: documenti o informazioni conservati in archivi chiusi o su supporti informatici per i quali è necessario l’uso di credenziali per l’accesso alle cartelle contenenti tali informazioni riservate. Per tali fini, assumerà rilievo in particolare la dimostrazione dell’esistenza di atti interni aziendali (regolamenti, disposizioni, atti o delibere di organi amministrativi e simili) da cui si evincano metodologie e procedure che indichino le modalità di conservazione e di trasferimento delle informazioni riservate e le responsabilità relative].

Ai fini del regime opzionale non saranno pertanto prese in considerazione dichiarazioni o clausole che rimandino genericamente alla riservatezza di tutte le informazioni contenute negli atti o nei contratti cui si fa riferimento o il generico richiamo all’obbligo di riservatezza che grava sui dipendenti ai sensi dell’articolo 2105 c.c., essendo necessario identificare con sufficiente precisione quali siano le informazioni su cui viene posto il vincolo della segretezza.

Beni esclusi dall’agevolazione

L’articolo 1, comma 148 della legge di stabilità 2016 ha modificato il comma 39 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 sostituendo l’espressione “opere dell’ingegno” con “software protetto da copyright”.

Tale definizione, già prevista dall’articolo 6, comma 1, lettera a) del decreto Patent Box, ha di fatto escluso dall’agevolazione le opere dell’ingegno quali le opere letterarie, le opere drammatiche, le opere scientifiche, le opere didattiche, i format radiotelevisivi, le opere fotografiche, le opere dell’arte cinematografica, le opere della scultura, le opere e le composizioni musicali, i disegni e le opere dell’architettura, i progetti di lavori di ingegneria, ecc.

Attraverso questo intervento, il legislatore ha confermato che il diritto d’autore – ad eccezione del software protetto da copyright – è escluso dall’agevolazione in commento.

Si ritiene che tale disposizione, nell’assumere una valenza interpretativa, possa applicarsi anche ai regimi avviati con decorrenza dall’esercizio 2015, cioè alle opzioni e istanze di ruling presentate entro il 31 dicembre 2015. In tal senso devono intendersi integrate le istruzioni della modulistica dichiarativa Unico 2016.

Sempre in tema di beni esclusi dall’agevolazione, si ritiene che in tale categoria siano annoverabili le liste di nominativi, quali ad esempio le liste fornitori e clienti, che contengono informazioni aggregate ed utilizzabili dalle imprese in chiave di direct marketing.

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L’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione è individuato dal comma 1 dell’articolo 2 del decreto Patent Box che, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 37 della legge di Stabilità 2015, ammette tra i beneficiari dell’agevolazione tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa senza alcuna altra specificazione o limitazione.

Si tratta quindi di un’importante e valida agevolazione che tutte le imprese posso cogliere. IBS Consulting vuole lavorare al tuo fianco per aiutarti ad accedere al Patent Box e permetterti di godere di agevolazioni fiscali fino del 50%.

Chi può agevolare del Patent Box?

Il Patent Box si applica quindi a tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato, in relazione alle attività produttive di redditi d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza degli stessi.

L’agevolazione è fruibile anche dalle stabili organizzazioni – a cui sono attribuibili i beni immateriali indicati all’articolo 6 del decreto Patent Box – nel territorio dello Stato di soggetti residenti in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo.

L’articolo 3 del decreto Patent Box esclude dal beneficio le società assoggettate alle procedure di fallimento, alle procedure di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Con riguardo a quest’ultima, si ritiene che il beneficio possa però spettare qualora la procedura sia finalizzata alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica.

Chi non può avere accesso al Patent Box?

Non possono, invece, accedere al regime agevolativo quei soggetti, titolari di reddito d’impresa, che determinano il reddito con metodologie diverse da quella analitica (nuovo regime forfetario, tonnage tax, società agricole che esercitano l’opzione per determinare il reddito su base catastale, ecc.).

Per fruire dell’agevolazione, in osservanza al principio OCSE c.d. “nexus approach”, occorre che colui che esercita l’opzione abbia diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali e svolga attività di ricerca e sviluppo.

Ciò consente di collegare il godimento dell’agevolazione all’effettivo svolgimento di un’attività economica che si sostanzia nello sviluppo, manutenzione ed accrescimento del bene stesso.

In altri termini deve esserci un “nesso” tra le attività di ricerca e sviluppo, i beni immateriali ed il reddito agevolabile ad essi riferibile.

Vuoi sapere se la tua azienda può accedere al Patent Box?

IBS Consulting ti offre l’occasione di scoprire se la tua azienda ha le “carte in regola” per accedere all’agevolazione fiscale Patent Box. Per scoprirlo richiedi un appuntamento con un nostro consulente che sarà rispondere a tutte le tue domande. Compila il form sottostante.

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Patent Box, scopriamo insieme cosa serve e cosa comprende, passo per passo vi parleremo di questo importante strumento.

L’art. 1, dal comma 37 al comma 45, della Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014) ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo regime opzionale, detto “Patent box” per la tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali, quali know-how, marchi e brevetti.

Questo regime agevolato, che ha principalmente l’obiettivo di favorire l’investimento delle imprese in attività di ricerca e sviluppo, è stato poi oggetto di modifiche sia ad opera del D.L. n. 3/2015 che della Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015), mentre le disposizioni attuative della disciplina sono state emanate con decreto ministeriale del Ministro dello Sviluppo Economico in data 30 luglio 2015.

Cos’è il Patent Box?

Il patent box è un’agevolazione che consiste nella parziale esenzione (50%) dei redditi che derivano dall’utilizzo di alcuni beni immateriali con l’obiettivo di favorire un maggior numero di investimenti nelle attività di ricerca e di sviluppo, di incentivare il rientro in Italia dei beni immateriali che al momento risultano collocati all’estero, nonché il mantenimento di quelli che si trovano già in Italia per evitare una loro ricollocazione all’estero.

Cosa Comprende il Patent Box?

Uno strumento molto utile che aiuterà le aziende a salvaguardare i propri investimenti in termini di beni immateriali come:

  • software protetto da copyright;
  • brevetti industriali;
  • know how;
  • disegni e modelli, giuridicamente tutelabili;
  • processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili;
  • utilizzo congiunto di due o più dei suddetti beni immateriali, collegati tra loro da un vincolo di complementarietà ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi.

Chi può richiedere il Patent Box?

Possono richiederlo tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa a prescindere dalla forma giuridica. Quindi anche imprenditori individuali, società di capitali (come S.p.a., S.a.p.a., S.r.l.), società di persone (S.n.c., S.a.s), società cooperative, società di mutua assicurazione, enti pubblici e privati che esercitano attività commercial, dalle dimensioni e dal regime contabile adottato.

Tutti questi soggetti devono però svolgere attività di ricerca e sviluppo finalizzati alla produzione di determinati beni immateriali, sia internamente o mediante contratti  stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa (possono essere incluse anche università o enti di ricerca e organismi equiparati)

Come richiedere il Patent Box?

Trattandosi si un regime fiscale opzionale è l’azienda che deve attivare una procedura specifica per ottenere l’agevolazione.

Per poter accedere al regime di tassazione agevolata, i soggetti che possono richiedere i Patent Box, devono esercitare un’opzione da comunicare all’agenzia delle Entrate con modalità telematiche.

Noi di IBS Consulting ovviamente siamo al vostro fianco per permettevi di accedere a questa importante agevolazione fiscale. Per scoprire come possiamo aiutarvi vi invitiamo a contattarci per fissare un appuntamento e prendere in esame la vostra aziende e i vostri beni immateriali.

Una volta confermata la vostra possibilità di richiesta procederemo ad inviare tutta la documentazione necessaria. Contattaci, saremo felici di potervi aiutare ad acceder a questo importante agevolazione fiscale.

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